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Giornalismo partecipativo: strumenti e rapporto con i media tradizionali

dicembre 13, 2013

Con la nascita del web 2.0, il giornalismo cessa di essere monopolio delle grandi testate editoriali. La rivoluzione in questo settore viene dal basso e utilizza tecnologie e strumenti nuovi: si tratta del cosiddetto giornalismo partecipativo (in inglese, citizen journalism), una forma di giornalismo che prevede la partecipazione attiva dei lettori.

Il fenomeno ha assunto forme molteplici: dalla possibilità di commentare gli articoli a quella di diventarne i redattori, fino alla creazione di siti interamente costruiti con i contributi degli utenti. Nell’epoca del web 2.0 la distinzione tra creatori e fruitori di contenuti è sempre più labile.

Ma quali sono gli strumenti del giornalismo partecipativo e come reagiscono i media tradizionali di fronte a questo fenomeno?

Un primo strumento è costituito dai blog: ce ne sono milioni e il numero è in continua crescita. Già nel 2005, il magnate dei media Rupert Murdoch, in un discorso all’American Society of Newspaper Editors, raccomanda:

Dobbiamo incoraggiare i lettori a pensare al web come il luogo in cui coinvolgere i nostri inviati e redattori in discussioni più estese sul modo in cui una particolare notizia è stata riportata o costruita o presentata. Allo stesso tempo dovremmo sperimentare l’uso dei blogger per integrare la nostra copertura quotidiana delle notizie su internet.

Un esempio ragguardevole di collaborazione tra media tradizionali e cittadini per la diffusione di notizie è quello che ha coinvolto la BBC durante l’attentato terroristico a Londra del 7 luglio 2005: subissata di materiale realizzato dagli utenti, l’emittente decise di pubblicare tutto sul proprio sito, riuscendo così a garantire una copertura totale dell’evento.

Intanto, ancora nel 2005, in Francia nasce AgoraVox, che in breve tempo diventa la seconda fonte di informazione dopo il maggiore quotidiano nazionale, Le Figaro.

Per quanto riguarda l’ Italia, citiamo il caso di Youreporter: una piattaforma di video e foto sharing che permette a chiunque di improvvisarsi reporter. I materiali prodotti dagli utenti vengono offerti gratuitamente al pubblico: tra i maggiori fruitori di questo servizio vi sono proprio i media, che sfruttano i contributi delle persone per assicurarsi una copertura completa degli eventi.

Tutto italiano è anche La Mia Notizia, un portale di news realizzate esclusivamente dagli utenti, tutte commentabili dai visitatori del sito. Nessuna registrazione viene richiesta né per inserire articoli né per commentarli.

Formidabile strumento di giornalismo partecipativo, Twitter permette la diffusione di brevi notizie in tempo reale: come durante il terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009, annunciato dagli utenti di Twitter ancor prima che dai media tradizionali.

Un possibile ostacolo al completo sviluppo del giornalismo partecipativo è costituito dalla diffusa convinzione che i contenuti così prodotti siano scarsamente affidabili. In realtà, la verificabilità e l’autorevolezza di questo tipo di giornalismo si fondano sulla revisione tra pari, caratteristica della comunità scientifica, e sulla comunicazione aperta.

Correlato a questa argomentazione, vi è poi il dibattito sull’opportunità di una disciplina normativa che regoli il mondo delle notizie sul web.

Clamoroso fu il caso di Carlo Ruta, saggista e blogger siciliano che, per non avere registrato presso il Tribunale il proprio blog di informazione, fu condannato in primo e secondo grado per reato di stampa clandestina. La sentenza scatenò le violente proteste del mondo del web, che la recepì come un intollerabile attacco dello Stato alla libera espressione nei blog. Nel 2012 Ruta fu finalmente assolto in Cassazione. Secondo i giudici di questa corte, il blogger non aveva commesso alcun reato, non essendo obbligatoria la registrazione per i blog.

In conclusione il giornalismo partecipativo appare come un fenomeno destinato a crescere e ad intaccare sempre di più le prerogative dei media tradizionali, i quali hanno cominciato a capire che non si tratta di un fenomeno da combattere – anche perché arduo e forse impossibile da debellare – ma di una risorsa con cui interagire per migliorare le proprie prestazioni. Una nuova filosofia ha preso piede, e punta sulla condivisione e sul confronto tra le persone, che non vogliono e non possono più essere soggetti passivi di fronte alle industrie e ai media.

Elisa Costa